lunedì 14 maggio 2012

Padre di mio padre.

- Mamma!


- Mamma!!!


Matteo strepita. Piange e si dimena. Ma la mamma non arriva.


- Ho paura! Aiuto! Mamma! Mamma!


Niente.


- Matteo eccomi,eccomi. Che succede ragazzo?
- Papà.....
- Eccomi, dì a papà tuo. Cos'è successo?
- Dov'è la mamma papà?
- Ne abbiamo già parlato....Matteo non..non ci riesco, davvero non posso..
- Papà io ti capisco...io..io lo so che è difficile..ma ho bisogno di sapere..
- Ma cosa vuoi sapere Matteo? Cosa? Non ti è proprio chiaro?
- Si. Ma è proprio per questo che ho bisogno di sapere.


Il padre si alza. Negli occhi solo la stanchezza di un'altra notte passata insonne sotto il giogo del ricordo. Si avvicina alla finestra e per un attimo appare come indeciso. Quasi esitante. Come se quella finestra altro non rappresentasse che un trampolino di lancio verso una dimensione più leggera. Come se si fosse presentata lì con un cartello con su scritto "Qui è più facile". Eppure lui sapeva benissimo quali fossero i suoi doveri. Quali fossero i diritti di Matteo. Sapeva di non poter fuggire. Sapeva che non era Matteo quello che doveva vedersela con la realtà. Sapeva che il primo perduto era lui.


- Cosa vuoi sapere Matteo?
Occhi fissi fuori dalla finestra. Braccia conserte. Un doppio. Una scissione tra impassibilità e lacerante compassione.


- Papà dov'è la Mamma?
- Cosa vuoi che ti risponda Matteo?
- La verità papà. I suoi capelli rossi dove sono? Dove guardano i suoi occhioni neri? I suoi bracciali dove suonano? Papà non può essersi perso tutto.
- Matteo la mamma è da qualche parte. Ma non lei con il suo corpo, così, fisicamente, come stai dicendo tu. La sua anima, il suo spirito è da qualche parte, di là da questa finestra. Là, da qualche parte.


Matteo si perde qualche istante nel vuoto. Poi alza lo sguardo in direzione del padre. Lo fissa. Fissa lui, fissa fuori.


- No. Non è vero.
- Come Matteo?
- Non è vero. La mamma non aveva un'anima. Gli spiriti che dici tu sono le favole degli indiani. Io non ci credo alle storie dei pellerossa. Mi stai prendendo in giro. Credi che io sia ancora un bambino piccolo che non capisce certe cose.
- Ma certo che no Matteo, come ti viene in mente? Io ti considero un ometto. Ma vedi, quando anche io ero ancora un ragazzo anche il mio papà mi aveva parlato dell'anima delle persone. Mi aveva detto che quando lasciamo la terra e i nostri cari, la nostra anima va in un posto migliore, dove ci sono solo persone buone. Dove tutti si vogliono bene.
- E che posto di merda è questo?
- Matteo ma che dici? Ma chi te l'ha insegnata questa parolaccia?
- Papà fa schifo un posto dove tutti si vogliono bene! Non esiste e non esisterà mai.
- Ma come fa schifo? Che c'è di male nel volersi tutti bene?
- C'è che non è vero. Non esiste e non può esistere. Se davvero ci fosse un posto dove tutti si volessero bene senza mai farsi i dispetti io l'avrei saputo e ci sarei già andato. E come me tanti altri bambini. E secondo me anche voi grandi.
- E perché? Ma questo non è un posto dove ci si può andare per propria scelta, sai Matteo. Qui ci si va quando si è finito di vivere.
- La mamma non aveva finito di vivere. La mamma me l'hanno portata via e tu sei uno stupido che credi che sia in un posto di tutti buoni! Perché se così fosse, dato che io come la mamma non ho finito di vivere, allora farei in modo di morire, così da poterla raggiungere, perché tanto qui nessuno é buono!e se è davvero come dici, allora non me ne importa niente di andare a scuola e di te e dei nonni! Voglio andare in questo posto di buoni! Qui il mondo è cattivo! Papà dai! Papà andiamo! Dai papà, buttiamoci dalla finestra e andiamo dalla mamma! Se è vero che è in un posto migliore che ce ne importa a noi di rimanere in questo schifo! Andiamo da lei così staremo tutti meglio!


Matteo, vacillante tra lo scoppiare in lacrime e il mantenere una sua composta infantilità, si alza pericolosamente in piedi sul bordo del letto.
Il padre, rivolgendosi al bambino con inquieto stupore, si affretta a stringerselo tra le braccia.
Un fiume in piena prende vigore. Lacrime e singhiozzi strazianti irrompono nella cameretta di Matteo.


- Papà, mi avevi promesso che avrei potuto farti tutte le domande di cui avevo bisogno. Mi avete parlato tutti di questo buon Dio, di questo posto bellissimo dove tutti sono gentili e ci si vuole bene. E allora perché tutti siete così tristi che la mamma sia andata in un posto così? Perché piangi così?


Matteo fissa la testa di suo padre muoversi sotto la forza dei sussulti. Il padre tace. Il dolore non lo lascia parlare.


- Io sarei contento di sapere che la mamma è in un posto così bello. La mamma se lo meritava un posto così. Perché voi non credete che la mamma meritasse un posto così bello?
Ma la verità è che mentite tutti. Non esiste niente di tutto ciò. La verità è che piangete come i bambini perché non sapete più dove andarla a trovare la mamma. Io non voglio essere come voi. Io non voglio piangere perché non so dov'è la mamma. Io la mia mamma so dov'è. Ma è in un posto che voi grandi non potete sapere. Papà la mamma è nel mio cuore.

sabato 5 novembre 2011

To fill or not to fill up the Silence

Arriva un momento della tua vita in cui accade che senza accorgertene si insinua in te la coscienza del tempo trascorso.
Capisci ciò che è stato. Senti ciò che è stato.
Capisci ciò che è. Senti ciò che è.
Il silenzio che sentivi crescere dentro come un cancro che si espandeva e colpiva e danneggiava tutto, tutto ciò che poteva. Quel cancro altro non era che apatia.
Apatia verso quello che accadeva intorno a te.
Apatia verso te stesso.
Semplice incapacità di sentirsi parte. Probabilmente scaturita non dalle circostanze, non dalle situazioni, dagli eventi.
Eri semplicemente addormentato.
Il tuo cervello dormiva come in coma.
Il tuo cuore in coma.
Poi il risveglio.
Il sentire.
Ecco perchè la pratica dell'eutanasia non puoi applicarla ad un soggetto che sta semplicemente dormendo. Non è morto dentro.
Devi semplicemente aspettare che si risvegli.
Devi semplicemente dargli il tempo, il tempo che lo porti a provare e sentire il risveglio.
Devi aspettare.
E mentre aspetti, metterti a sentire.
Un giorno, poi, ti svegli da quel coma di farmaci sociali.
Un giorno capirai che ti sei lasciato addormentare.
A volte vorrai tornare a dormire.
A volte vorrai rimanere sveglio e sentire anche quel cancro.